STRESS DA LAVORO: 6 STRATEGIE PER RIDURRE IL RISCHIO DI BURN-OUT!
- Dott.ssa SerenaTomassetti
- 25 ott 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Tensione, ansia da prestazione, timore di sbagliare e altre sensazioni spiacevoli possono alterare il nostro funzionamento lavorativo. Quali sono le cause dello stress da lavoro? Cosa possiamo fare per far fronte a questo problema?

Ritmi logoranti, ambiente ostile, eccessivo carico di responsabilità. Queste ed altre problematiche sul luogo di lavoro possono provocare alti livelli di stress. Lo stress da lavoro si manifesta con stati prolungati di tensione, spossatezza e negatività associati al contesto lavorativo. Specialmente nelle cosiddette professioni d’aiuto, in cui si lavora a contatto diretto con persone che necessitano di assistenza, tali stati interni possono condurre ad un vero e proprio crollo psicofisico, denominato “burn-out”. La condizione di burn-out, o esaurimento, è stata recentemente riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una vera e propria sindrome clinica da prevenire e da trattare.
In Europa, il 25% dei lavoratori presenta problemi di stress legati all’attività lavorativa (EU-OSHA 2014).
Vediamo dunque quali sono i principali fattori di rischio e le strategie da usare per proteggersi dal burn-out.
FATTORI DI RISCHIO
I fattori che possono predisporre la persona a sviluppare problemi di stress sul lavoro riguardano sia le caratteristiche dell’attività lavorativa sia alcuni specifici aspetti individuali:
1. TU SOFFRI, IO SOFFRO
Le cosiddette professioni d’aiuto (medici, infermieri, psicologi e assistenti sociali) svolgono attività che implicano le relazioni interpersonali. Questi professionisti lavorano a stretto contatto con la sofferenza degli altri. Di fronte al malessere altrui, si attivano in noi meccanismi di rispecchiamento emotivo, come quello mediato dall’empatia, che fanno risuonare in noi l’altrui sofferenza e talvolta ci coinvolgono anche dal punto di vista emotivo, specialmente in persone con alta sensibilità interpersonale.

Questo tipo di professioni inoltre può esporre gli operatori sanitari a vissuti di impotenza, quando non si ha la possibilità di lenire il dolore dell’altro che sta chiedendo aiuto.
2. LAVORI SEMPRE PIU’ PRECARI
Gli ultimi decenni hanno portato profonde trasformazioni nel mondo del lavoro, aumentando il senso di precarietà e instabilità. In molte professioni viene richiesta massima flessibilità e spirito di adattamento, qualità ritenute immancabili in quasi ogni settore. Tuttavia, a lungo termine, questa richiesta di riadattamento alle continue mutazioni del mondo del lavoro può provocare vissuti di profonda insicurezza e timori per il futuro, che appare sempre più incerto e instabile.
3. MULTITASKING
Particolarmente a rischio sono le professioni che richiedono lo svolgimento in simultanea di più operazioni. La complessità di questi lavori produce un sovraccarico cognitivo che si ripercuote anche a livello emotivo.
Possono presentarsi difficoltà a mantenere l’attenzione, a ricordare gli impegni, a staccare la spina una volta tornati a casa.

4. MECCANISMI DI IPER-RESPONSABILITA’
Alcune persone presentano uno spiccato senso di responsabilità che, se da un lato aumenta l’impegno e il rendimento del proprio operato, dall’altro può determinare stati d’ansia pervasivi durante l’attività lavorativa. In questi casi, paradossalmente, l’ansia eccessiva che si viene a creare può aumentare il rischio di commettere errori, esponendo poi la persona a sentimenti di fallimento, colpa e inadeguatezza, fino a veri e propri stati depressivi.
5. OBIETTIVI IRREALISTICI
Allo stesso modo, alcuni individui tendono a porsi degli standard di rendimento elevati, a volte fuori dalla propria portata. Ad esempio, un lavoratore può porsi l’obiettivo di ottenere una promozione nell’arco di pochi mesi, investendo tutte le sue energie su quest’unico traguardo. Tuttavia, quando la scelta dell’obiettivo non è accompagnata da un’accurata analisi delle variabili in gioco e da una stima delle probabilità, questo processo può avere un esito negativo e provocare alti livelli di frustrazione e senso di sconfitta.
COME GESTIRE LO STRESS IN 6 SEMPLICI MOSSE
Cosa si può fare dunque per limitare l’impatto del lavoro sul proprio equilibrio psicofisico? Vediamo insieme alcuni aspetti che possono preservare la nostra stabilità e il nostro benessere.
1. COSTRUIRE UNA SOLIDA RETE DI SUPPORTO SOCIALE
Il primo passo per ridurre il rischio di burn-out è quello di creare e mantenere una buona rete sociale, sia all'interno che all'esterno del luogo di lavoro.

Avere persone di fiducia con cui parlare dei nostri problemi riduce lo stress, condividere con i colleghi le frustrazioni aiuta a gestire il senso di isolamento. Inoltre, trascorrere del tempo con persone care, familiari e amici, migliora il tono dell’umore e costituisce una sorta di rete di sicurezza nei momenti di difficoltà.
2. CONOSCERE I PROPRI LIMITI
E’ importante delimitare l’impegno lavorativo entro limiti chiari e prestabiliti, sia in termini di orario che di risorse dedicate. E’ preferibile dunque evitare di portare a casa nel weekend il lavoro residuo da sbrigare, poiché questo ci impedirebbe di staccare la spina dalle preoccupazioni, accentuando il nostro stress. Quando ci rendiamo conto che ci viene richiesto più di quanto siamo in grado di dare in un determinato momento, abbiamo il diritto di dire di no, di delegare o di chiedere più tempo.
3. PORSI OBIETTIVI REALISTICI
Avere una chiara idea dei propri punti di forza e di debolezza consente di fare previsioni più accurate sui possibili successi lavorativi. Pretendere troppo da noi stessi ci espone al rischio di stressarci più del necessario, e questo può intaccare il nostro rendimento. Meglio suddividere i nostri obiettivi finali in obiettivi a breve termine che siamo in grado di raggiungere con le risorse a disposizione.
4. VARIEGARE L’ATTIVITA’ LAVORATIVA
In ogni settore, quando possibile è importante dosare il nostro impegno su più livelli. Ad esempio, per un medico sarebbe utile dividere il proprio tempo tra attività clinica e attività di ricerca, mentre un insegnante potrebbe alternare l’insegnamento a progetti di inclusione sociale o di lotta al bullismo. Questo permette di intervallare le attività più stressanti ad altre che richiedono l’impiego di risorse differenti.
5. COLTIVARE UN HOBBY
Dedicare del tempo ad un’attività che ci appassiona e ci rilassa permette di ricaricare le energie e di valorizzare i nostri interessi personali. Praticare uno sport, ad esempio, oltre a mantenerci in forma, aiuta il nostro corpo a sprigionare endorfine che contribuiscono a migliorare il tono dell’umore.

Inoltre, impegnarsi in un’attività piacevole come la fotografia, il giardinaggio o il teatro può essere utile per incrementare la nostra autostima e il senso di efficacia personale.
6. CHIEDERE AIUTO
Quando ci rendiamo conto di non riuscire più a far fronte da soli agli alti livelli di stress e a gestire il nostro malessere, la prima cosa da fare è chiedere aiuto ad un professionista, come il medico di famiglia o uno psicologo, che possa sostenerci nell’affrontare la fase particolare di vita che stiamo attraversando. Non c’è nulla di male ad avvalersi di un sostegno specialistico, quando notiamo campanelli d’allarme come: difficoltà di concentrazione, tensione, frustrazione, scatti d’ira, cattivo umore, alterazioni del sonno (insonnia, frequenti risvegli notturni, ecc.), o dell’appetito (fame nervosa, restrizione alimentare, ecc.), malessere che si accentua prima di andare al lavoro o sul posto di lavoro, crescente senso di alienazione.
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