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Dott.ssa SerenaTomassetti

Oltre il concetto di Brain Rot: ma perché ci piace lasciar "marcire" il cervello?


Ultimamente si è diffuso il concetto di "brain rot", o "marcescenza cerebrale", un termine relativamente nuovo e informale, usato per descrivere una sensazione soggettiva di difficoltà a concentrarsi, a ricordare informazioni o a pensare in modo chiaro. Questa sensazione è stata associata al sovraccarico derivante dall'utilizzo dei social network e all'accesso ripetuto e continuativo a contenuti superficiali, di rapida fruibilità, che non richiedono livelli di elaborazione complessa.

Tecnicamente, dunque, il brain rot sarebbe tra gli effetti di un comportamento umano sempre più diffuso, specialmente tra gli adolescenti, ma non solo, che consiste nel ricorso eccessivo ai social, allo scrolling compulsivo dei nostri feed, al controllo sistematico delle notifiche relative ai like e ai commenti ricevuti sulle nostre pagine.


E' vero che gli effetti del consumo eccessivo dei social vanno monitorati con attenzione, perché possono influire sulle nostre prestazioni cognitive, sul benessere emotivo, sui tempi attentivi e sulle capacità di memoria e di concentrazione.

Tuttavia un punto spesso trascurato riguarda le cause profonde che spingono molte persone a trascorrere molte ore davanti allo schermo a scorrere contenuti poco impegnativi, in modo passivo e compulsivo.

Perché ci incantiamo, come ipnotizzati, a guardare reel e video di cui non ci interessa davvero poi molto? E' solo un modo infruttuoso per impiegare il nostro tempo o ci sono dei motivi diversi? Cosa succede davvero quando siamo davanti allo schermo?


Ciò che avviene spesso prende la forma di un distacco dalle nostre esperienze emotive, una sorta di "sospensione" dei pensieri e delle emozioni, che ci fa prendere una vera e propria pausa da noi stessi. In psicologia, in particolare secondo l'approccio della Schema Therapy, esiste un insieme di strategie cognitive ed emotive che vengono identificate come modalità del protettore distaccato.


Chi è il protettore distaccato?

Questa parte di noi si attiva in risposta a esperienze traumatiche o stressanti ed è caratterizzata da un distacco emotivo e da una sorta di disconnessione dalle proprie emozioni e relazioni interpersonali. Quando il mode protettore distaccato è attivo, l'individuo tende a disconnettersi dai propri sentimenti, adottando un comportamento che può apparire freddo, indifferente o apatico. Questa modalità protettiva si sviluppa ad esempio in risposta a vissuti di vulnerabilità, paura o sofferenza, in cui la persona ha imparato che l'estraniamento emotivo è un modo per difendersi dal dolore. Può manifestarsi in varie situazioni, nelle relazioni personali, sul lavoro o in situazioni sociali, dove l'individuo potrebbe apparire distante, evitando l'intimità o l'impegno emotivo. Dal punto di vista psicologico, il mode protettore distaccato è una strategia di sopravvivenza che, sebbene possa offrire un temporaneo sollievo dall'angoscia, tende a compromettere la qualità delle relazioni interpersonali e il benessere generale. Le persone che operano principalmente da questo mode possono sperimentare una sensazione di vuoto, isolamento e difficoltà nel raggiungere un senso di soddisfazione personale.


Da cosa vogliamo distaccarci?

Spesso il protettore distaccato entra in funzione per proteggerci da emozioni disturbanti, come angoscia, ansia o tristezza, o da responsabilità che non ce la sentiamo di assumerci. In altri casi ci distrae da situazioni interpersonali che non sapremmo come gestire e che preferiamo "sospendere" momentaneamente. O ancora, il protettore distaccato agisce come uno scudo che ci allontana da eventi significativi che non siamo ancora pronti per processare, come la notizia di una malattia, di un licenziamento o altri eventi potenzialmente traumatici. In alcuni casi può condurre a una vera e propria dissociazione.


Il protettore distaccato può spingerci a comportamenti disfunzionali per "spegnere" le nostre emozioni disturbanti, come ad esempio il ricorso all'alcol o alle sostanze, comportamenti autolesionistici o di auto-sabotaggio, apatia, reazioni di chiusura o di fuga dalle responsabilità, impasse decisionali.

Il consumo eccessivo di social network, in modalità passiva, potrebbe rientrare tra le strategie che il protettore distaccato mette in atto per allontanarci da ciò che potrebbe ferirci o sovraccaricarci.


Cosa fare?

E' fondamentale riconoscere quando questa parte di noi si attiva e a esplorare le esperienze sottostanti che la alimentano. L'obiettivo è cercare di modulare questo comportamento e comprendere le motivazioni sottostanti. Se ti accorgi che in un certo momento hai l'impulso di metterti in pausa scorrendo i reel e ti rendi conto che la cosa ti sfugge di mano, puoi provare a chiederti da dove viene questo bisogno. Puoi valutare se è solo ricerca di svago o se si è attivato il tuo protettore distaccato che sta cercando di allontanarti da alcuni vissuti o questioni problematiche. In tal caso, puoi provare a connetterti nuovamente con le tue emozioni, affrontando l'angoscia e sviluppando strategie più funzionali per gestire le relazioni e le sfide della vita. In sintesi, il mode protettore distaccato è una risposta comprensibile a esperienze di trauma e vulnerabilità, ma è essenziale lavorare per superarlo, promuovendo una maggiore consapevolezza emotiva e una connessione autentica con se stessi e con gli altri.


Dott.ssa Serena Tomassetti



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