L'organizzazione di significato personale di tipo depressivo
- Dott.ssa SerenaTomassetti
- 24 gen 2019
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 24 mar 2019
Con l’espressione “organizzazione di significato personale” (OSP) si intende, secondo il modello di Vittorio Guidano, il processo esperienziale con cui l’individuo percepisce e ordina la continuità e la coerenza del proprio Sé. In altre parole, ogni persona ha l’esigenza di mantenere un’identità integra che si riorganizza sulla base delle perturbazioni provenienti dall’ambiente esterno, nel tentativo continuo di dare significato alla propria esperienza emotiva e al proprio comportamento.
“Ogni essere umano può essere caratterizzata da un’organizzazione di significato personale, nel senso che costruisce un mondo in grado di produrre un’esperienza immediata riconoscibile come il proprio Sé”[1]
In base ai quadri clinici più comunemente osservati, sono state identificate quattro costellazioni principali di caratteristiche che rientrano in altrettante OSP, o stili di personalità: depressiva, fobica, tipo disturbi alimentari psicogeni (DAP) e ossessiva.
E’ importante sottolineare che non esiste una corrispondenza univoca tra un’organizzazione di significato personale e il disturbo omonimo. Ad esempio gli scompensi depressivi possono avere alla base qualsiasi tipo di OSP, tuttavia tendenzialmente un’OSP di tipo depressivo ha più probabilità di esitare in Disturbo Depressivo se si verificano eventi avversi che l’individuo non riesce a elaborare e integrare nella propria esperienza.
L’organizzazione depressiva
Gli individui con OSP di tipo depressivo tendono ad avere esperienze emotive di solitudine e di incomunicabilità delle proprie autentiche caratteristiche, in quanto si considerano socialmente accettabili e apprezzabili solo alla condizione di impegnarsi per l’altro sacrificando i propri bisogni. La minaccia principale percepita è quella di subire una perdita, spesso in termini di vicinanza emotiva dell’altro. Emergono schemi di inamabilità e la tendenza a considerare gli eventi esterni come conferma del proprio destino di fallimento o solitudine.

Lo sviluppo dell’OSP depressiva
Nelle storie di sviluppo degli individui con OSP depressiva, si rintraccia frequentemente una figura di accudimento caratterizzata dalla tendenza a rispondere alle richieste del bambino con indifferenza, distanza emotiva o aperto rifiuto. Tali caratteristiche predispongono il bambino a sviluppare uno stile di attaccamento evitante: percependosi come non meritevole di amore e attenzione, apprende presto a perseguire scopi di autonomia e autosufficienza, a non contare sul sostegno emotivo dell’altro, a cavarsela da solo. A livello di esperienza immediata il bambino avverte un senso di perdita, la mancanza di una base sicura, sente di non essere amato e si attribuisce la responsabilità del mancato affetto dei genitori. A partire da esperienze precoci di questo tipo, il bambino tende a sviluppare la credenza di avere qualcosa di profondamente negativo che rende ragione della propria inamabilità e delle aspettative di abbandono.

La vicinanza con l’altro viene considerata percorribile solo al prezzo di nascondere i propri bisogni emotivi, che il bambino ha imparato a etichettare come inadeguati, inaccettabili, causa di abbandono.
Durante la fanciullezza, l’individuo evita di manifestare all’altro le proprie richieste, per salvaguardare la relazione. La credenza di base che rende sopportabile tale rinuncia è che i propri bisogni non siano così importanti e dunque è ammissibile che vengano trascurati.
Spesso vengono perseguiti risultati prestazionali di alto livello: la riuscita scolastica ad esempio può diventare unico mezzo per garantirsi la stima e l’affetto dei pari o delle figure di accudimento. L’insuccesso scolastico o sportivo può essere vissuto come drammatico rispetto al proprio senso di identità, con vissuti di forte umiliazione e vergogna. La modalità di gestione delle prestazioni risulta caratterizzata da standard molto elevati , obiettivi irraggiungibili e intenso investimento emotivo. Essendo abituato a concepire il mondo in termini di perdita, gli obiettivi più comuni risultano più inconsistenti, più effimeri. Il raggiungimento di obiettivi meno comuni lo avvicina allo scopo di trasformarsi in una persona amabile. Tuttavia, quando riesce a realizzare l’impresa che riteneva impossibile, si accorge che nulla è cambiato rispetto alla propria idoneità affettiva, le relazioni continuano a essere le stesse e questo alimenta ulteriormente il senso costante di inutilità.
L’approccio verso la vita risulta disincantato e pessimista. L’oscillazione emotiva più frequentemente riscontrata è quella di tristezza e rabbia, in quanto le cause del rifiuto o dell’indifferenza altrui vengono attribuite al proprio essere indegno oppure alla cattiveria dell’altro, con atteggiamenti colpevolizzanti verso sé o verso gli altri.
Spesso le persone con OSP depressiva tendono a idealizzare l’altro, distogliendo l’attenzione dagli aspetti di indifferenza/insensibilità e mancanza di supporto da parte dell’altro. La tendenza a nascondere aspetti di sé (i propri bisogni emotivi, le preoccupazioni, la rabbia) si delinea come strategia difensiva rispetto alla minaccia abbandonica.
L’altra strategia utilizzata è il continuo dispiegare di cure e accudimento verso gli altri significativi, allo scopo di assicurarsene la vicinanza e l’affetto. Il nucleo di base di tale meccanismo può essere spiegato e semplificato nell’assunzione:
“Io non sono degno di essere amato per le mie caratteristiche più autentiche, né per il fatto stesso di esserci; posso forse meritare un po’ di stima e attenzione se sto attento a non dare fastidio, se mi sacrifico facendomi conoscere per la mia bravura e rendendomi utile per la felicità degli altri”[2]
Con l’ingresso nell’età adolescenziale, si struttura maggiormente un senso di solitudine percepito come inevitabile destino. Nelle relazioni sentimentali, la minima discrepanza percepita con la persona significativa è vissuta immediatamente come perdita, e diventa fonte di reazioni di rabbia, con l’effetto reale di allontanare l’altro. Inoltre, proprio in funzione della parziale esposizione degli aspetti più intimi e personali, la vicinanza emotiva e fisica nei rapporti sentimentali può essere ostacolata dal timore che, mostrando parti inedite di sé, l’altro possa spaventarsi o perdere interesse. Mettersi in gioco completamente in una relazione intima può voler dire calare la maschera e esporsi al rischio di essere rifiutati e abbandonati, che sarebbe l’eventuale conferma del proprio destino di solitudine. Talvolta, per fronteggiare la minaccia di abbandono, gli individui con OSP depressiva possono mettere in atto degli allontanamenti difensivi, che si delineano come ricerca attiva di solitudine, volta a prevenire l’eventuale rifiuto da parte dell’altro.

Il comportamento è orientato alla continua ricerca di una distanza ottimale che possa proteggere da un’eccessiva delusione in caso di perdita. In assenza di eventi di vita o relazioni significative che ristrutturino i nuclei depressivi, gli schemi di funzionamento descritti tendono a stabilizzarsi e irrigidirsi in età adulta. La ridefinizione viene ostacolata dal fatto che nell’OSP depressiva c’è una forte resistenza a modificare l’immagine di sé alla luce di ciò che gli altri dimostrano in termini di affetto e vicinanza. Anche in presenza di una relazione funzionale e supportiva, l’individuo tende a mantenere la stessa idea di sé, costruita come inamabile per le proprie intrinseche caratteristiche, con scarsa permeabilità ai segnali positivi provenienti dall’altro.
Le dinamiche di scompenso nell’OSP depressiva
I meccanismi di funzionamento descritti finora possono assumere un assetto armonico, senza necessariamente esporre l’individuo allo sviluppo di una psicopatologia.
Le situazioni che generalmente portano allo scompenso un individuo con OSP depressiva sono quelle che implicano o richiamano il concetto di perdita, in termini di separazione, delusione, abbandono o rifiuto. La perdita può essere reale o anche solo percepita. Nella maggior parte delle persone, qualsiasi tipo di perdita evoca un vissuto di tristezza, che porta a mettere in atto strategie per risolvere il problema e per gestire l’esperienza emotiva (ad esempio, ricercare la vicinanza delle persone significative).
Nel caso dell’OSP depressiva, tuttavia, la reazione alla perdita è di irreversibile solitudine, che ostacola l’elaborazione dell’evento scatenante. L’individuo evita di mostrare all’esterno la propria disperazione, per l’apprendimento precoce dell’impossibilità di ricevere aiuto dagli altri. In questo modo, impedisce agli altri significativi di manifestare vicinanza e sostegno, andando a confermare il proprio destino di inevitabile solitudine.
Dott.ssa Serena Tomassetti
[1] G.Arciero, P.Gaetano, P.Maselli, V.Mazzola (2005). Le organizzazioni di significato peronale. In A. vari, & B. Bara (A cura di), Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva (p. 18-38). Torino: Bollati Boringhieri Editore.
[2] S.Ruberti (2005). L'organizzazione depressiva: aspetti strutturali e problematiche cliniche. In A. vari, & B. Bara (A cura di), Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva (p. 39-60). Torino: Bollati Boringhieri Editore.
Bibliografia
- B.G.Bara (A cura di), Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva. 2005. Torino: Bollati Boringhieri Editore. - V.Guidano, Il sé nel suo divenire: verso una terapia cognitiva post-razionalistica. 1992. Torino: Bollati Boringhieri Editore. - V.Guidano, La complessità del sé: un approccio sistemico-processuale alla psicopatologia e allaterapia cognitiva. 1988. Torino: Bollati Boringhieri Editore.
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