Dottore, perché ho l'ansia?
- Dott.ssa SerenaTomassetti
- 10 lug 2020
- Tempo di lettura: 6 min
Alla scoperta dei fattori ambientali alla base della predisposizione all'ansia.

Se stai leggendo questo articolo, o hai una curiosità scientifica sulle origini dell’ansia, oppure ti è capitato di dover fare i conti personalmente con questa emozione spiacevole, magari pagando alti costi a livello di qualità di vita e benessere psicologico. Una delle domande che i pazienti fanno più di frequente, quando l’ansia arriva a limitare in qualche misura la loro vita, è “perché a me?”, “perché ho l’ansia?”, un po’ come se fosse una sorta di maledizione, un destino di sofferenza scritto nelle stelle, o addirittura una colpa.
In realtà la domanda così posta trae in inganno, poiché presuppone che le altre persone, ontologicamente più fortunate, non provino ansia. E questo non è vero. L’ansia fa parte dell’esperienza di tutti, perché ognuno di noi è “programmato” per sentire l’intera gamma di emozioni. L’idea che la normalità consista nel sentirsi felici tutto il tempo è infondata, è molto più comune avere alti e bassi e trovarsi a gestire, spesso nell’arco della stessa giornata, un’infinita varietà di emozioni e stati d’animo, alcuni piacevoli, altri spiacevoli. La normalità, dunque, ammesso che si possa parlare di normalità nell’ambito del benessere psicologico, assomiglia di più a un’oscillazione perpetua che a un mare calmo.
Perciò tutti proviamo ansia. Tuttavia, se ti rendi conto che l’ansia che provi è sproporzionata all’entità di situazioni che temi, probabilmente hai una vulnerabilità specifica a provare un’ansia più intensa o più pervasiva rispetto ad altre persone. Naturalmente, esistono diverse forme di ansia. È possibile, ad esempio, che tu avverta spesso la sensazione che possa succedere qualcosa di brutto, oppure che temi di avere qualcosa che non va dal punto di vista della salute fisica, o che tu abbia dei veri e propri attacchi di panico che ti spingono a evitare di restare da solo, di metterti in viaggio o di prendere l’ascensore. La paura può manifestarsi dunque sotto forma di timori di malattia, può riguardare il pericolo in generale, o in altri casi l’ansia può associarsi al timore di perdere il controllo.

Esistono diversi fattori che possono influenzare la vulnerabilità individuale a sviluppare vissuti di ansia o paura intense o pervasive, che arrivano a compromettere il proprio funzionamento. Tali fattori sono di tipo sia genetico che ambientale. Ricostruire e mettere a fuoco le esperienze che hanno favorito l’instaurarsi di un quadro ansioso è molto importante per almeno 3 motivi:
1. Ti permette di comprendere a fondo la tua ansia e percepire così i sintomi ansiosi come parte della tua esperienza interiore e non solo come manifestazioni fisiche
2. Ti aiuta ad accettare in una certa misura l’esperienza ansiosa come parte di te, e non come cosa che “ti è capitata”, restituendoti un senso di coerenza con la tua storia personale
3. Favorisce l’attivazione di strategie funzionali per la gestione emotiva e per affrontare le tue paure.
Vediamo insieme quali sono i fattori che possono aver dato origine alla tua ansia:
1. Ansia in famiglia
Se hai avuto un genitore che a sua volta viveva una condizione di ansia, probabilmente hai appreso il senso di vulnerabilità prendendolo a modello. Magari hai avuto un genitore ipocondriaco, che tendeva a interpretare in modo catastrofico qualsiasi sintomo o sensazione fisica (ad esempio, “mi gira la testa, sto per svenire”, “ho la tachicardia, sto per avere un infarto”), oppure hai avuto un genitore molto attento al giudizio degli altri e ti ha insegnato che non puoi presentarti se il tuo aspetto non appare impeccabile. Questo tipo di apprendimenti avviene attraverso meccanismi impliciti, attraverso la ripetuta esposizione a comportamenti ansiosi da parte della figura di riferimento. Hai ricordi di tua madre o di tuo padre che, quando eri piccolo, erano molto preoccupati che succedesse qualcosa di brutto, tendevano ad attivarsi quando si parlava di malattie, ti parlavano del mondo come di un posto pieno di pericoli? Ricordi se magari c’erano posti o attività che evitavano per paura o di situazioni che vivevano con evidente attivazione ansiosa?
Attenzione, non stiamo dicendo che è tutta colpa loro se tu hai l’ansia. L’ansia è un costrutto molto articolato e complesso, e non è rintracciabile una sola e unica causa scatenante. Tuttavia crescere in un ambiente familiare con forte presenza ansiosa può averti insegnato che il mondo è costellato di pericoli, che è essenziale mantenere sempre il controllo del proprio corpo e delle proprie emozioni, che è necessario essere sempre all’erta per essere al sicuro, che se abbassi la guardia corri un grosso rischio. Ecco, questi aspetti possono averti predisposto a sviluppare, in determinate condizioni, un quadro ansioso.
2. Stile genitoriale iperprotettivo
Se uno dei tuoi genitori aveva nei tuoi confronti un atteggiamento iperprotettivo, potresti aver appreso non solo che il mondo è un posto pericoloso, ma anche che tu non hai nessuna possibilità di cavartela da solo senza la protezione di una figura forte e sicura al tuo fianco. Ricordi che uno dei tuoi genitori ti copriva di raccomandazioni prima che tu uscissi, tipo “mettiti il maglione!”, “chiamami appena arrivi!”, “non correre sennò sudi e ti ammali!”, “non arrampicarti ché è pericoloso!”?. Oppure ricordi che portava spesso la tua attenzione al giudizio degli altri e ti faceva sentire come se la possibilità di fare brutta figura fosse sempre dietro l’angolo (ad esempio, dicendoti “Guarda, ti stanno fissando tutti”, “Non alzare la voce, cosa penseranno i vicini?”). Questo potrebbe aver disseminato di eccessive insicurezze e paure la tua naturale ricerca di autonomia e nuove esperienze. Come reagivano i tuoi genitori quando stavi male? Si prendevano cura di te in modo adeguato e responsabile, o tendevano ad allarmarsi in maniera eccessiva? Ricordi corse al pronto soccorso, chiamate forsennate al medico di famiglia anche per motivi futili?

Alcuni genitori trasmettono anche delle superstizioni rispetto all’ansia e alle sensazioni fisiche ad essa associate. Ad esempio, un semplice capogiro può essere interpretato come segnale di perdita di controllo, o perdita della ragione. Tant’è che in molte persone l’ansia si manifesta proprio come paura di impazzire. I genitori con uno stile iperprotettivo, inoltre, comunicano implicitamente al figlio che egli non ha gli strumenti per affrontare il pericolo, sia che esso provenga dall’esterno (imprevisti, incidenti, giudizi) sia che venga dall’interno (sensazioni fisiche, emozioni).
3. Attaccamento insicuro
Può esserti capitato che effettivamente uno dei tuoi genitori non ti abbia protetto adeguatamente. Ad esempio, ricordi che l’ambiente in cui hai trascorso l’infanzia non sembrava sicuro dal punto di vista fisico, psicologico o finanziario. Le persone che si prendevano cura di te non erano sempre disponibili per rispondere ai tuoi bisogni affettivi, o ti lasciavano solo a cavartela con le tue forze quando stavi male. O magari hai avuto un genitore che, a causa di una sua vulnerabilità emotiva, aveva frequenti sbalzi d’umore o scoppi di rabbia, con il risultato che sentivi la tua relazione con lui/lei sempre come molto precaria e le sue reazioni come imprevedibili. Questo può aver favorito in te lo sviluppo di un senso di vulnerabilità e di sfiducia nei confronti del mondo e delle altre persone.
4. Esperienze passate
Se da bambino eri spesso malato o hai trascorso molto tempo in ospedale per delle condizioni cliniche, è possibile che tu abbia sviluppato una suscettibilità spiccata alle malattie, per cui ogni volta che avverti una sensazione fisica che non ti spieghi, tendi a dare interpretazioni catastrofiche. O magari hai vissuto un’esperienza traumatica, come un incidente automobilistico o atti di bullismo, che ti ha portato a sentirti vulnerabile. Anche la perdita di un genitore durante l’infanzia può scatenare un vissuto ansioso e far percepire il mondo come un luogo disseminato di pericoli.
5. Esperienze presenti
Anche in presenza di fattori predisponenti come quelli sopra elencati, è possibile che tu sia sempre riuscito a gestire l’ansia in modo efficace. Ma un giorno ti svegli e ti accorgi che non è più così. Cosa è cambiato? È possibile che un evento recente abbia avuto un impatto inaspettato su di te e ti abbia fatto sentire più insicuro e vulnerabile. Ad esempio, c’è stato qualche cambiamento nella tua vita che ti ha caricato di maggiori responsabilità (una promozione al lavoro, la nascita di un figlio, la fine di un ciclo di studi, ecc.)? Oppure è cambiato qualcosa nelle tue relazioni interpersonali: c’è stato qualche legame significativo che si è stretto o allentato? Ad esempio, l’inizio di una relazione sentimentale, una convivenza, un matrimonio, oppure al contrario la fine di un rapporto, il trasferimento di una persona cara, una malattia o un litigio.

Infine, è possibile che inizi ad avvertire maggiore ansia nel momento in cui decidi di investire su una nuova esperienza, uscendo dalla tua zona di confort e facendo un salto nel vuoto, assumendoti dei rischi a livello emotivo, lavorativo, sentimentale o finanziario. Questi sono tutti esempi di cambiamenti di vita che possono dare vita a sentimenti di maggiore vulnerabilità. Come avrai notato, non si tratta solo di eventi negativi: a volte anche eventi generalmente ritenuti positivi, come l’inizio di una relazione o una promozione sul lavoro, possono generare insicurezza, senso di costrizione o una sensazione di relativo “pericolo”.
In conclusione, se ti è capitato di chiederti come mai provi tutta questa ansia e se è normale sentirti così vulnerabile, è utile riflettere sulle tue esperienze passate e recenti che possono aver giocato un ruolo nel predisporti a sentire certe emozioni in modo talvolta doloroso e limitante per la tua vita. Lo scopo non è quello di avviare una caccia al colpevole, il più delle volte si tratta dell’azione concomitante di più fattori. Lo scopo è invece quello di raggiungere una visione più consapevole e coerente del tuo funzionamento attuale. E magari di riuscire ad accettarti, a perdonarti e ammettere che, no, non è colpa tua se hai l’ansia.
Dott.ssa Serena Tomassetti
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